Tala, quattro anni, attende in un corridoio di ospedale. Ha il viso consumato dalle lacrime, dal suo
sguardo traspare tutta la paura di un popolo sottomesso. Attende con determinazione sull’uscio di
una stanza ospedaliera, presidia giorno e notte la madre che lotta tra la vita e la morte. Difende
strenuamente l’unica figura familiare che le bombe intelligenti israeliane gli hanno lasciato.
Mohamed, nove anni, giace quasi privo di vita su un letto della terapia intensiva. La situazione è
dannatamente critica, gli ordigni israeliani gli hanno causato fratture multiple, emorragie celebrali e trauma cranico. Probabilmente non è al corrente che altri due suoi fratelli versano nelle medesime
condizioni e che nell’attacco ha perso quattro componenti della sua famiglia.
Moltiplicate ora le situazioni di Tala e Mohamed per qualche centinaia, se non migliaia di casi.
Le bombe israeliane uccidono indiscriminatamente, cancellano famiglie, massacrano bambini,
donne, uomini e anziani, abbattono scuole, disintegrano abitazioni civili, colpiscono i centri
d’informazione.
Israele possiede uno degli eserciti più avanzati del mondo, dotato di una potenza distruttiva senza
eguali, equipaggiato con le più avanzate e terrificanti armi di nuova generazione. I palestinesi,
inerme popolazione internata nella più estesa prigione a cielo aperto del globo, conosciuta ai più
come Striscia di Gaza, non sono in possesso di un benché minimo esercito, marina, aviazione
militare e l’unica loro arma di difesa sono rudimentali razzi artigianali che gli israeliani stessi
descrivono quasi alla stregua di giochi pirotecnici.
L’escalation di attacchi israeliani si è intensificata nell’ultimo periodo, l’operazione “Pillar of Cloud”
è stata lanciata sulla falsariga della passata operazione del 2008 “Piombo fuso” che già falciò
centinaia di vite palestinesi, quasi cinquecento, a scapito di un numero relativamente irrisorio di
vittime in campo israeliano, quattro per la precisione.
Raid aerei, attacchi con elicotteri Apache, cannonamenti della marina, offensive di terra con fanteria
e carroarmati si aggiungono però a una immensa serie di misure razziste messe in campo da Israele,
determinato nel compiere totale pulizia etnica nella Striscia di Gaza.
Il piano di sterminio copre innumerevoli ambiti e mina a distruggere il popolo palestinese non
unicamente con l’azione militare. Un immenso muro è stato innalzato per ingabbiare i territori
palestinesi, l’embargo economico continua a essere attuato per fiaccare l’economia, la sistematica
distruzione dei pochi mezzi di sostentamento economico palestinesi, quali la flotta di pescherecci,
non cessa di esser messa in atto e l’occupazione militare sta progressivamente sottraendo territorio
alla già esigua realtà palestinese.
Interrogando la storia, pare manifesto che tali metodologie di sterminio e repressione siano state
appannaggio di quel nefasto regime nazionalsocialista da cui fuggirono eroicamente gli stessi ebrei
che, approdati in Palestina, insediarono lo Stato israeliano. La vittima di allora è però oggi divenuta
carnefice.
Lo sterminio attuale è supportato e sospinto dagli USA, principali finanziatori, sostenitori e alleati
d’Israele e da tutti quegli Stati chini alla logiche imperialiste a stelle e strisce.
Ma ecco riemergere inesorabile nei miei pensieri un ineluttabile senso di dolore che sovrasta ogni
considerazione di ordine politico e sociale. Si delinea nella mia mente l’immagine dei tanti Tala e
Mohamed, dei tanti civili innocenti trucidati, dei numerosi israeliani categoricamente contrari alle
politiche dissennate del loro governo che mettono a rischio la loro stessa vita per sostenere la causa
del popolo palestinese, dei cooperanti internazionali impegnati nel territorio di Palestina con rischi
inimmaginabili: persone comuni, uniche vittime di una guerra voluta dalle alte sfere del potere
mondiale.
Riccardo De Toni
Quella che si sta consumando in questi giorni nel territorio della striscia di Gaza non è una guerra, bensì il compimento di un progetto cominciato molto tempo fa da parte di un popolo per eliminarne un altro, una pulizia etnica. Il tutto con l’appoggio da parte degli Stati Uniti e l’assordante silenzio dell’Unione Europea.
I mezzi di informazione nazionale ci forniscono notizie “al contrario” su come si sta difendendo l’ “unica democrazia in medioriente” contro i soliti terroristi arabi. Emblematico è il nome stesso dell’operazione del governo israeliano “Pilastro di difesa” o “Colonna di nuvole” riferimeto biblico all’esodo degli ebrei dall’Egitto.
Questa “difesa” di Israele è un attacco con esercito, carri armati e bombardieri contro territori internazionalmente riconosciuti palestinesi e abitati da semplici civili. Hamas, l’unica organizzazione in palestina ora in grado di rispondere agli attacchi, ha reagito con vari lanci di missili rudimentali e imprecisi verso Tel Aviv e Gerusalemme. I media occidentali usano l’esile difesa messa in atto da Hamas per far passare inosservato l’avanzamento (che va avanti da decenni) dell’occupazione israeliana dei territori palestinesi. Non parlano della continua strage di civili, della distruzione di interi villaggi antichissimi, della disparità delle forze in campo: il bilancio delle vittime negli ultimi giorni è di ormai oltre 100 palestinesi e 5 israeliani. Il popolo palestinese è disarmato contro uno tra i più potenti e letali eserciti del mondo.
Israele sta occupando territori palestinesi al prezzo della morte di centinaia di civili, e, pur di nascondere la propria politica imperialista, ha il coraggio di sostenere che si sta difendendo dallo stesso popolo che sta cacciando dalla propria terra.
Noi Giovani Comunisti non possiamo che condannare e denunciare questo genocidio. Non possiamo che sostenere ed essere vicini a tutto il popolo palestinese, schiacciato da ogni parte su un territorio sempre più piccolo e isolato; a tutti i palestinesi costretti già da tempo a fuggire all’estero; a tutti gli attivisti internazionali che operano sul territorio palestinese; a tutti gli israeliani, che come i compagni del partito comunista israeliano, l’Hadash, mettono a rischio la propria incolumità per lottare insieme agli stessi palestinesi contro le stragi, le ingiustizie e le politiche imperialiste.
“C’è un esercito che usa armi sofisticatissime per bombardare e distruggere campi pieni di rifugiati, scuole, appartamenti, moschee e interi quartieri residenziali; per attaccare una popolazione di civili disarmati (…) e la chiamano guerra. Non è una guerra, è un omicidio.” (Noam Chomsky)
Giovani Comunisti Monza e Brianza – RivoltiaMonza
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* cit. Primo Levi
Il 14 novembre è stata una giornata straordinaria per il movimento studentesco e per l’opposizione sociale al governo Monti e alle politiche di austerità. Gli studenti hanno preso massivamente coscienza di chi è responsabile di questa situazione politica, economica e sociale. Hanno messo sotto assedio i luoghi del potere politico, gli istituti bancari e palazzi di rappresentanza delle istituzioni europee senza fermarsi nemmeno di fronte agli schieramenti ingenti di forze dell’ordine schierate a tutela dell’ordine costituito.
Sulla consueta dialettica di piazza, si sono però instaurate delle gravi dinamiche repressive. Noi Giovani Comunisti che abbiamo aderito e partecipato alla giornata, ci sentiamo in dovere di fare alcune puntualizzazioni e attribuire alcune responsabilità politiche.Sappiamo bene che questo governo non è abituato al dibattito parlamentare con l’opposizione, dal momento che in parlamento l’opposizione non esiste e i partiti rappresentati in quell’assemblea in ultima istanza votano sempre compattamente i provvedimenti del Governo.
Non ha nemmeno consuetudine con un confronto di tipo elettorale, visto che nasce senza alcuna legittimazione democratica per volontà dei mercati finanziari, delle istituzioni economiche europee e di tre partiti, PdL, PD e UDC, il cui consenso complessivo non supera ormai più di un terzo della popolazione italiana, come dimostrato dalla percentuale di astensionismo alle recenti elezioni siciliane.
Queste premesse già delineano un quadro di democrazia non propriamente compiuta. Non ci aspettavamo dunque che il governo ascoltasse la voce degli studenti contrari alle politiche di austerità e alla destrutturazione della scuola pubblica e dello stato sociale. E’ un peccato però che una delle poche voci dissenso che riescono a imporsi con forza in un dibattito politico uniforme e povero di contenuti, sia declassata a problema di ordine pubblico. Un modo come un altro per non parlare dei problemi sollevati. La prova di questo intento è il fatto che pochissimo tempo dopo quei cortei il PD festeggia insieme agli altri partiti del montismo, un massiccio finanziamento alle scuole private di 223 milioni, mentre sulle scuole pubbliche si fa austerità.Vorremmo chiudere qui il comunicato, ma purtroppo il 14 novembre Monti, i suoi ministri e i suoi supporters non si sono accontentati di ignorare il dissenso e di descriverlo come un rumoroso brusio, ma hanno espresso l’intento di reprimerlo e azzittirlo con la violenza e l’intimidazione. Manganelli accaniti su persone rimaste isolate, inermi e già stese a terra, lacrimogeni sparati su tratti di corteo del tutto pacifici ad altezza uomo o – peggio – dall’alto, identificazioni arbitrarie, arresti con accuse irragionevoli, “visite a casa” di vari apparati statali per terrorizzare i genitori, mirano unicamente a spegnere nella paura di ritorsioni fisiche e penali personali, il protagonismo studentesco collettivo.
Dei tanti fatti accaduti vogliamo stigmatizzarne uno emblematico.
Se dalle finestre di una sede istituzionale, com’è il ministero della giustizia, sono sparati lacrimogeni sugli studenti inermi che sfilano pacificamente nelle strade sottostanti, questa si manifesta non come sede di un potere democratico, ma la sede di un potere autistico e violento che teme il dissenso. (Vedi video)
La responsabilità della Ministra della Giustizia, Paola Severino, presente in sede ministeriale al momento dei fatti, e della Ministra dell’Interno Anna Maria Cancellieri, responsabile della gestione dell’ordine pubblico, della Polizia di Stato, è, in virtù di questo episodio,ancora più manifesta.
In virtù dell’accaduto invitiamo gli studenti a non demoralizzarsi. Parteciperemo alla loro mobilitazione in maniera ancora più convinta e compatta. E come noi tanti altri giovani indignati dall’arroganza del potere e incazzati per la loro condizione sociale.
Qui di seguito il calendario dei banchetti firme per i Referendum sui diritti e le tutele dei lavoratori e contro le diarie dei parlamentari, tenuti dai Giovani Comunisti – di Monza e Brianza.
Troverete i moduli firme per i referendum anche ai banchetti organizzati da Rifondazione Comunista e Italia dei Valori sul restante territorio provinciale.
Informazioni dettagliate sul sito di BrianzaPopolare .
In alternativa potrete firmare presso il Palazzo Municipale del vostro Comune di residenza o, se siete metalmeccanici, rivolgendovi al vostro delegato FIOM.
ATTENZIONE! I BANCHETTI POTREBBERO ESSERE RIMANDATI IN CASO DI PIOGGIA INTENSA!